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venerdì 23 ottobre 2015

Viaggio ad Auroville, l’ecovillaggio dove l’utopia è diventata realtà

Per alcuni è solo un raduno di hippie, per altri un immenso laboratorio dove coltivare un'altra società possibile. Parliamo della città ecosostenibile di Auroville, nata 45 anni fa nel cuore dell'India francese.

E’ uno dei tanti esperimenti socio-urbanistici di vita comunitaria alternativa esistenti al mondo e al tempo stesso è uno dei più riusciti nell’ambito del Global Ecovillagge Network. Si tratta di Auroville, fondata nel 1968 nel distretto di Viluppuram dello stato indiano di Tamil Nadu, a circa dieci chilometri dall’ex colonia francese di Pondicherry. Ispirata al maestro bengalese Sri Aurobindo, è una forma di convivenza interculturale e interreligiosa in corso da 40 anni e ha come figura di riferimento quella di Mirra Alfassa, una donna austriaca conosciuta con il nome di ”Madre”.


La città conta duemila abitanti provenienti da tutto il mondo (anche dall’Italia) ed è intesa come un luogo universale in cui vivere in armonia, senza la necessità della proprietà privata. La vita è basata su alcune dimensioni fondamentali: l’ecologia, la collettività, la spiritualità e l’educazione. L’architettura delle abitazioni richiama quella degli alloggi tradizionali della zona, costruiti in legno con foglie di palma o cocco.




Nonostante la rigidità delle sue regole – bisogna sempre rispettare i suoi principi e donarsi alla collettività – Auroville porta avanti una propria apertura al mondo. E’ possibile visitare la città anche per lunghi periodi, presentando una domanda anche per eventuali internship, in cui si mette a disposizione il proprio contributo lavorativo. Nel sito internet Auroville.com è addirittura possibile comprare prodotti realizzati dalla comunità. Dal cibo alle lampade, dai vestiti alle borse, passando per incensi ed energizzanti. Ma non è tutto. L’ecovillaggio è tutt’altro che ‘fuori dal mondo’, attivissimo anche sui social network, da Flickr a Facebook, in cui vengono sponsorizzati progetti e stile di vita. Se sia un luogo ameno o solo un rifugio transitorio rappresenta comunque la testimonianza di un’esigenza sempre più forte, basata sul rifiuto (almeno parziale) della società dei consumi.


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